Il cinese è una lingua isolante appartenente al gruppo sino-tibetano. “Isolante” significa che le parole non cambiano: nel cinese (e nelle lingue dello stesso gruppo) sono infatti assenti le flessioni, cioè quelle parti delle parole che mutano in base al ruolo svolto.
in italiano i verbi coniugano
io ho noi abbiamo
tu hai voi avete
egli ha essi hanno
in italiano esistono generi e
tavolo, sedia
tavoli, sedie
in italiano esistono categorie grammaticali che in cinese sono del tutto assenti
gli articoli
le preposizioni articolate
i tempi e i modi dei verbi
Queste differenze nelle strutture grammaticali della lingua cinese rispetto alle altre giustificano la difficoltà dei cinesi ad usare e capire le flessioni (le ritengono difficili e superflue). Questa invariabilità delle lingue sino-tibetane è una delle caratteristiche che le distingue da tutte le altre e le rende, sotto quest’aspetto grammaticale, molto semplici.
Un’altra caratteristica peculiare di queste lingue, che invece le complica notevolmente, è la presenza del tono. Mentre in italiano il tono ha solo un valore espressivo, in cinese ha un valore distintivo: una parola pronunciata con toni diversi ha diversi significati. Nel cinese standard esistono 5 toni (nel cantonese, in altri dialetti cinesi e nel vietnamita esistono 8 toni).
Il termine col quale i cinesi indicano la loro lingua è putonghua 普通话 (lingua di comune diffusione) ma si usano anche i termini: Zhongguohua 中国话 (lingua della Cina) e zhongwen 中文 (lingua cinese).
Come molti sanno la lingua cinese non si scrive con un sistema alfabetico ma logografico, che significa che ogni parola è rappresentata da un segno grafico che ne indica il significato senza dare necessariamente indicazioni sulla pronuncia della stessa. Furono gli studiosi occidentali a porsi il problema di come trascrivere la pronuncia del cinese in alfabeto. Nacquero così vari sistemi fonetici basati sulle pronunce delle lingue d’appartenenza dei singoli ricercatori, il più diffuso dei quali fu l’inglese, detto Wade-Giles dai nomi dei suoi ideatori. Nel 1958 fu approvato dalle autorità cinesi un sistema di trascrizione fonetica noto come pinyin 拼音 (costituito da 26 lettere latine) che è oggi la trascrizione ufficiale della lingua cinese della RPC. Siccome alcuni paesi, in particolare quelli anglosassoni, tendono a conservare i loro precedenti sistemi di trascrizione, succede ancora, ma sempre meno di frequente, che le parole cinesi in Occidente abbiano forme diverse.
L’istruzione nella Cina imperiale era un privilegio riservato a pochissimi, mentre la massa del popolo era totalmente analfabeta. In epoca repubblicana fu fatto un grosso sforzo di scolarizzazione ma è solo con la Repubblica Popolare che si giunti ad una diffusa istruzione in ogni strato sociale. Oggigiorno quasi ogni cinese della Repubblica Popolare, di Taiwan o di Hong Kong è in grado di scrivere e pronunciare correttamente il putonghua.
Anche le comunità cinesi all’estero, in passato legate ai dialetti di provenienza, iniziano a studiare il putonghua e ad organizzare scuole per l’istruzione dei giovani nella lingua della madre patria. Per quanto il dialetto sia sempre la lingua più parlata in famiglia e tra le comunità di compaesani, il putonghua si sta affermando ovunque come lingua comune di tutte le genti di origine cinese e non solo. A seguito dell’importanza economica e politica sempre crescente della Cina sullo scacchiere internazionale, anche la sua lingua inizia a prendere peso. Sempre più stranieri, di tutte le nazionalità, per ragioni lavorative, devono saper comunicare anche in cinese.